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Ritratti: Patricia Urquiola

«A volte le storie nascono in modo semplice e bello: ti piacciono le persone che ti interpellano e l’incontro si trasforma in un lavoro interessante. Con Sanlorenzo è andata proprio così». A parlare è Patricia Urquiola, architetto e designer di fama internazionale che, firmando gli interni del nuovo 29 metri SD96, ha fatto il suo esordio nello yacht design.

@Massimiliano Sticca

Un debutto atteso da molti, che è stato all’altezza delle aspettative. «Non conoscevo Massimo Perotti, ma sapevo che Sanlorenzo collabora con professionisti che provengono da settori diversi e lo ha fatto con colleghi che stimo come Antonio Citterio, Piero Lissoni e Rodolfo Dordoni. Quando ci siamo incontrati ho capito che c’era spazio per ripensare queste architetture galleggianti: mi è sembrata un’occasione per riflettere su un tema a cui non avevo mai guardato con un interesse “finalizzato”». Patricia Urquiola non è nuova alla contaminazione tra ambiti differenti, anzi: la sperimentazione è una delle caratteristiche del suo approccio all’architettura e al design.

The Pavoreal Chair by Patricia Urquiola

«Trovo sempre piacevole sperimentare in un settore in cui non ho ancora indagato. Rompere certe barriere e certi preconcetti mi affascina molto: quando inizio non so cosa e quanto potrò apportare, ma so per certo che metterò in gioco tutto il mio bagaglio di conoscenza e la mia curiosità.

The Cassina Perspective @Stefano De Monte

L’approccio che perseguo, però, è sempre umile e di grande rispetto per la storia di quel ramo del design, che in ogni caso non amo stravolgere. È stato così quando abbiamo cominciato a lavorare nel mondo dell’outdoor: all’epoca – ho iniziato con Driade e poi ho collaborato anche con Kettal e B&B Italia – era un mercato un po’ a parte e non molto aperto ai professionisti dell’extra settore. Lo stesso discorso si può fare per il mondo della ceramica, ancora più tecnico, in cui ho fatto “incursione” grazie a Mutina, mettendo in atto un crossover che mi ha dato grandi soddisfazioni. 

Non nascondo che, prima di iniziare l’esperienza con Sanlorenzo, mi sono fatta delle domande: pensavo che non fosse un mondo mio, che l’oggetto yacht non mi appartenesse, quindi non immaginavo come avrei potuto gestirlo. Con il senno di poi, però, posso affermare che è stato proprio questo approccio il bello del nostro dialogo. Una conversazione stimolante che abbiamo portato avanti anche con lo studio Zuccon International Project che ha firmato gli esterni e con cui abbiamo trovato diversi punti di incontro. Ho voluto raccontare loro la barca che avevo in mente: è fondamentale trovare il giusto feeling anche con chi disegna lo scafo».

Ma se è vero che prima d’ora Patricia Urquiola non aveva mai studiato l’oggetto barca, è altrettanto vero che il suo rapporto con l’acqua e le navigazioni in mare hanno ricoperto un ruolo importante nella sua vita. «Sono molto legata al mare: una passione che ho ereditato da mio padre e che associo ancora oggi al suo ricordo. Il mio mare però non è l’accogliente Mediterraneo: è quello della Spagna del Nord, il Cantabrico, dal carattere forte e oceanico; lo abbiamo percorso con ogni tipo di barchetta (ricorda con il sorriso sulle labbra, ndr).

Del mio mare amo particolarmente le spiagge lunghe e deserte che cambiano a seconda delle maree e dove, già da piccola, adoravo camminare scalza ed essere sorpresa dalla pioggia che arriva improvvisa. Un’altra esperienza che mi ha segnato profondamente è stata una navigazione a bordo di un piccolo rompighiaccio per raggiungere la Groenlandia. Un viaggio del cuore e della mente, che ha toccato molti lati della mia personalità e ha sancito un legame profondo con il mare, che non avevo mai sperimentato in quel modo, e con la natura. Tutti i miei vissuti e tutte le mie emozioni si ritrovano poi nei miei lavori, perché i diversi piani si contaminano sempre tra loro. Come nell’SD96, che ruota attorno proprio all’idea di viaggio e trasformabilità». 

Il concetto di contaminazione si ritrova in tante scelte fatte dalla designer per questo progetto che è caratterizzato da un’anima flessibile e modulare per potersi adattare in qualsiasi momento alle esigenze di chiunque lo viva. «Abbiamo lavorato molto sullo spazio, giocando con la multifunzionalità degli ambienti: piccoli cambi di disposizione dei pochi elementi d’arredo trasformano completamente l’uso di un luogo. Per arrivare a questo risultato abbiamo ragionato sul tema più ampio dell’abitare e dell’architettura in generale, non limitandoci a pensare specificatamente a una barca, ma allo stesso tempo senza dimenticare mai dove fossimo. A bordo di uno yacht, appunto.

Il SerenoHotel by Patricia Urquiola @Patricia Parinejad

Il segreto sta nell’allargare il più possibile il focus del discorso e poi richiuderlo: così facendo, ti ritrovi in mano idee capaci di sorprenderti ogni volta. Sul main deck, per esempio, non abbiamo voluto dare troppa importanza alla zona pranzo, che avrebbe portato via spazio: abbiamo quindi studiato una panca molto leggera che corre lungo la paratia, sottolineando le grandi finestrature, e che all’occorrenza si apre trasformandosi in un ampio tavolo per 10 persone. Abbiamo ripensato anche il concetto di scala che, come succede in architettura, mi piace considerare un elemento che dona continuità verticale ai vari livelli e non un semplice strumento di connessione, spesso un po’ sacrificato benché rifinito con materiali preziosi, come succede a bordo di alcune imbarcazioni».

Non mancano, infine, riflessioni sui materiali (reti che ricordano le nasse, legno, marmo alleggerito, vetro, acciaio) e sui colori, tutti naturali e protagonisti di giochi di sfumature che vogliono richiamare le tonalità dell’orizzonte incorniciato dalle finestrature, in nome di quella continuità tra interno ed esterno tanto ricercata dalla Urquiola.  Soddisfatta, quindi? «Fortunatamente non mi accontento mai, ma sì, posso dire di esserlo. Certo, c’è ancora molto che si può fare e si può farlo ancora meglio.

Non a caso con Sanlorenzo stiamo già lavorando a una seconda barca, che non sarà un semplice sviluppo di questo progetto in termini di dimensioni: sarà una vera e propria evoluzione, un’ulteriore sperimentazione. E sarà soprattutto un nuovo rimettersi in gioco: cosa che amo particolarmente fare e in cui voi italiani siete maestri. È una vostra dote che ho sempre apprezzato e di cui dovete andare fieri». Parola di Patricia Urquiola.  

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