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Airbus sbarca in Coppa America

Quante volte prendendo l’aereo è capitato che la nostra attenzione fosse richiamata da quelle insolite appendici sulle estremità delle ali? Da alcuni anni l’arrivo degli sharklets ha rivoluzionato il settore dell’aeronautica civile. 

In che modo? Tutto ha origine dal costante lavoro di ricerca che ha come obiettivo quello di migliorare le performance di un aeromobile. Questi dispositivi hanno incrementato l’efficienza aerodinamica dell’ala diminuendo la resistenza causata dai vortici di estremità e quindi i consumi. Un ambito in cui Airbus gioca un ruolo di primo piano. Basta vedere gli ultimi modelli lanciati sul mercato per toccare con mano l’elevato contenuto tecnologico che questi aerei portano in dote. 

Dal mondo dell’aria a quello del mare il passo è breve. Il lavoro di ricerca volto a raggiungere la migliore efficienza ha da sempre scandito la storia della Coppa America. Di esempi ce ne sono molti. A iniziare dai J Class Endeavour ed Endeavour II i cui progetti furono sviluppati attingendo alle conoscenze aeronautiche del patron delle due celebri sfide, Sir Thomas Octave Murdoch Sopwith, che dotò gli scafi di tutta una serie di accorgimenti presi in prestito dal mondo dell’aria: dalla strumentazione per calcolare direzione e velocità del vento simile a quella presente nei cockpit degli aerei dell’epoca; fino a un fiocco sviluppato e testato nella galleria del vento il cui taglio s’ispirava ai profili alari degli aeroplani. Senza contare che nel 1987 il 12 Metri SI Stars&Stripes riuscì a portare a casa la Coppa grazie anche al supporto fornito dalla Nasa che studiò una particolare pelle da utilizzare come rivestimento esterno sugli aeroplani per migliorarne l’efficienza aerodinamica. Un principio che alla fine si rivelò efficace anche in acqua, al punto di permettere alla barca di Dennis Conner di conquistare la vittoria in maniera netta. 

Ma il vero salto di qualità arriva con l’ingresso sulla scena dei foil. Una partita questa nella quale la distanza tra il mondo del volo e quello del mare si azzera quasi del tutto. Fino a quando una barca raggiunge i 20 nodi la questione è circoscritta all’attrito generato dall’acqua, ma quando uno scafo supera i 40 nodi l’aerodinamica diventa il fattore principale. Ed è qui che Airbus cala i suoi assi.

American Magic

Il colosso aeronautico europeo scenderà in mare per la seconda volta in Coppa America questa volta al fianco di American Magic, il team che nel 2021 ad Auckland correrà con il guidone del New York Yacht Club. «L’esperienza maturata nella precedente edizione dell’America’s Cup con Oracle Team USA ci ha permesso di accumulare un bagaglio di conoscenze che ci sta tornando utile nello sviluppo del progetto del nuovo AC 75», racconta Yves Le-Biannic oggi a capo del team d’ingegneri che Airbus ha destinato a supporto di American Magic per lo sviluppo del nuovo AC75. In occasione dell’edizione di Bermuda della Coppa America l’apporto del colosso europeo si è toccato con mano in diversi ambiti.

American Magic

A iniziare dall’approccio di stampo aeronautico con il quale è stata concepita sugli AC50 l’architettura relativa ai sistemi di controllo che intervenivano sulla gestione delle manovre, della vela alare, del jib e delle appendici della barca, senza comprometterne la stabilità in assetto foil. C’è poi tutta la questione legata alla capacità di analisi e gestione dell’enorme quantità di dati. Nell’edizione precedente Airbus ha sperimentato con successo una tecnologia denominata Micro-Electro-Mechanical-System (MEMS). Si tratta di sensori elettronici, in origine studiati per essere applicati sulle ali dei nuovi modelli Airbus nei test di volo, che si sono rivelati efficaci nel fornire una serie d’informazioni sul rendimento della vela alare dell’AC50 americano. Senza contare poi l’apporto che Airbus ha saputo fornire sul fronte della fluidodinamica e dell’aerodinamica. 

Oggi il progetto si annuncia ancora più avvincente alla luce della nuova classe di scafi con cui si regaterà. Dal multiscafo al monoscafo cambia il mezzo ma non il fine: progettare e costruire la barca più veloce. L’attenzione si concentrerà sulla vela soft e naturalmente sui foil. «La vera sfida sta non solo nella capacità di raggiungere l’assetto foil nel modo più rapido ed efficiente, ma anche nel tener conto di tutta una serie di scelte che offrano la miglior soluzione in termini di efficienza aerodinamica», spiega Le-Biannic. «In sostanza si tratta di trovare il miglior compromesso possibile in termini di set up anche in considerazione delle diverse condizioni che si dovranno affrontare durante le regate».

American Magic

Questo spiega perché oggi ci sono sei ingegneri dell’Airbus che lavorano a tempo pieno per il team del New York Yacht Club. E non è un caso neanche che American Magic abbia scelto Pensacola come sede per gli allenamenti invernali, dal momento che si trova a poco meno di cento chilometri da Mobile, in Alabama, dove ha sede uno stabilimento Airbus. Se il buongiorno si vede dal mattino la rotta presa sembra essere quella giusta, almeno a giudicare dalle performance espresse da Mule, la barca di 38 piedi utilizzata per alcuni test. American Magic è stato l’unico dei sette team che parteciperanno alla 36° Coppa America ad aver costruito la cosa più vicina permessa dal nuovo regolamento a ciò che nella realtà sarà lo scafo con cui si correrà la competizione. Un passaggio di fondamentale importanza per mettere a punto il primo AC75 in fase di costruzione nel Rhode Island, il cui varo è previsto per la metà dell’estate prossima.

American Magic

«In presenza delle condizioni ideali», racconta Terry Hutchinson, skipper e direttore esecutivo di American Magic, «siamo riusciti a “volare” per 16 miglia. È incredibile la rapidità con cui succede. Tutti sappiamo che uno scafo che sarà in grado di navigare fuori dall’acqua per la quasi totalità della regata, con una percentuale di volo del 100 per cento, sarà una barca difficile da battere. Ma c’è ancora molto lavoro che ci aspetta e la strada è lunga” continua Hutchinson che aggiunge: “Anche perché non è detto che quello che stiamo sperimentando adesso possa verificarsi in egual modo sull’AC75. Ma è indubbio che senza il supporto di Airbus non avremmo potuto acquisire una conoscenza così importante sul tema in tempi rapidi”.

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